Il Comune
Il Comune
Dati generali
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Nome del ComuneCurio
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NPA
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Cantone
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DistrettoLugano
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CircoloMagliasina
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FrazioniBombinasco
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Popolazione578
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Altezza s.l.m.566m
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Superficie territorio277 ha
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Moltiplicatore100%
Introduzione
Situato a 566m s.l.m., la vista si estende verso il ramo est del lago di Lugano, e verso nord verso la cima del monte Lema e dell'osservatorio astronomico che ospita. Molto ricchi e variegati i boschi delle colline circostanti con tanti sentieri e luoghi da esplorare costeggiando i rami del Riale di Molgé.
Ospita il recentemente ristrutturato Museo del Malcantone.
Monumenti e luoghi di interesse
- Chiesa parrocchiale di San Pietro, ricostruita nel 1609 in stile barocco su un preesistente edificio attestato dal 1352
- Chiesa-santuario della Madonna della Morella, di epoca tardomedievale
- Oratorio della Santissima Trinità in località Bombinasco, eretto nel 1670
- Piccola miniera d'oro protostorica in località Garavee, utilizzata dell'antico popolo dei Salassi
- Frammenti di una lapide con iscrizione nord-etrusca all'interno del villaggio
Cenni storici
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Già nel lontano 1196...
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In passato fervore di iniziative e grande spirito di solidarietà
Nell’Ottocento, precisamente nel 1830 quando il Cantone Ticino si diede una propria Costituzione, Curio divenne con il vicino Comune di Pura il centro principale del Circolo della Magliasina. Di ritorno dalla Russia e dalle Americhe, i cittadini di Curio seppero dare nuovo impulso a queste «più fertili e amene e meglio coltivate terre d’Oltreceneri», come scriveva il Franscini. Ne è prova, per certi versi eclatante, la moltitudine (oltre che la singolarità) di istituzioni e di iniziative di pubblica utilità e di solidarietà sorte a Curio proprio in quel periodo, segnatamente nel campo della scuola e della socialità.
Scuola elementare
Già alla fine del Cinquecento, per la verità, Curio aveva la sua scuola, contando quali maestri per lo più i parroci. Nel capitolato del parroco, votato dalla Vicinanza di Curio il 22 settembre 1792, si legge: «Il Parroco dovrà far la scuola a Fanciulli mediante un conveniente pagamento». Ma nei primi decenni dell’ Ottocento, nel diario del dott. Pietro Avanzini, si annota: «Da tempo immemorabile non fu in Curio una tollerabile scuola elementare». Il 2 dicembre 1835 la campana suona per la prima volta per chiamare ragazze e ragazzi alla scuola comunale, ospitata gratuitamente in due stanze al pianterreno della casa parrocchiale, messe a disposizione dal “‘prevosto don €arlo Visconti. Sono 39 ragazzi tra Curio e Bombinasco e 36 ragazze. Primo docente don Giuseppe Cattaneo di Bedigliora. Ma la sede diverrà presto inidonea, per cui si trasloca dapprima nel centro del paese (nell’abitazione del defunto avv. Costantino Visconti), poi nella casa di Rosetta Clara Visconti allo Scopello, quindi nello stabile della Scuola maggiore e di disegno sino al 1972, allorquando la scuola chiude. Da allora e per oltre una quarantina d’anni gli allievi hanno frequentato la scuola consortile di Bedigliora, mentre, a partire dall’anno scolastico 2017/18, gli allievi dei comuni di Astano, Bedigliora, Curio, Miglieglia e Novaggio si sono riuniti in un unico edificio scolastico, ampliato per l’occasione, a Novaggio, sotto il cappello dell’ISMM Istituto scolastico medio malcantone.
Asilo infantile
Nel 1881 viene fondato ad Astano, per iniziativa del dott. Agostino Demarchi (sindaco di quel villaggio), il primo asilo infantile del Malcantone. Quell’esempio fa subito… scuola, nel senso che induce vari cittadini di Curio a costituire con elargizioni un fondo per la creazione di un asilo infantile e ad adottare (a partire dal 1889) una singolarissima iniziativa, ovvero espressa richiesta agli osti del villaggio ad introdurre il «tavolo per l’asilo infantile» nel senso che «chiunque vuol sedere a quel tavolo paga una tassa di cènt. 10 per seduta a favore dell’àsilo».
La struttura, provvisoria, è pronta nei primi mesi del 1891 e il 25 aprile di quell’anno arriva la prima maestra, suor Teodista Scamara, che prepara l’apertura solenne per il 3 maggio. Nel novembre 1894 ci sarà l’inaugurazione della sede definitiva allo Scopello (poi diventata casa comunale), svolgendo le sue funzioni fino al 1944, e sempre diretta dalle suore di Menzingen.
La casa è diventata poi sede della scuola elementare. Dopo una lunga pausa (per mancanza di bambini), dal 1986 la scuola materna è tornata a rivivere a pianterreno della casa comunale, poi si è trasferita (a partire dal 1994) nella nuova sede in zona Favirolo, dietro la chiesa.
Attualmente anche la scuola dell’infanzia, pur mantenendo una delle sedi nell’edificio di Curio, accoglie bambini domiciliati nei cinque comuni dell’ISMM.
A Bombinasco, i terrieri della frazione – che con entusiasmo avevano appoggiato l’asilo di Curio – il 1. maggio 1892 ne aprirono uno per conto loro in un locale sito nell’abitato, che venne però definitivamente chiuso verso il 1914 per mancanza di bambini.
Scuola maggiore e di disegno
L’inaugurazione solenne delle scuole a Curio avviene il 4 novembre 1850 e il 31 marzo dell’anno successivo si tengono i primi esami semestrali. E già nel settembre 1851 prende avvio il dibattito per l’erezione di un nuovo fabbricato scolastico, finché nel giugno 1853 il Gran Consiglio approva un decreto del seguente tenore: «La casa per la scuola industriale e per quella di disegno nel Malcantone sarà eretta in Curio». Nel febbraio dell’ anno successivo cominciano i lavori per la costruzione della palazzina sul terreno «Chioso» (su progetto dell’arch. Luigi Fontana di Muggio) e il 5 novembre 1855 l’ispettore delle scuole Maricelli apre «queste scuole superiori». Da allora, per decenni, l’insegnamento è assicurato, sia pure con notevoli mutamenti nel numero degli allievi e dei risultati; vi insegnano illustri docenti, come i professori Giovanni Battista Buzzi-Cantoni, Giovanni Poroli e Achille Avanzini. Nel 1900, in occasione del mezzo secolo di vita, una lapide ricorda: «Ai compianti/dottor Agostino Demarchi di Astano/dottor Pietro Avanzini di Curio/don Giovanni Maricelli di Bedigliora/principali promotori e fondatori di queste scuole/i Malcantonesi riconoscenti 1900/50 di fondazione». Ma già nel 1917 prende corpo l’idea di trasformare la scuola maggiore in scuola tecnica inferiore o professionale, ma sono gli aspetti finanziari a smorzare gli entusiasmi, finché all’inizio degli anni Quaranta il Comune di Curio ottiene di poter insediare nello stabile la scuola elementare fino a quando questa prenderà dimora nell’ aula dell’ asilo infantile chiuso per mancanza di bambini. Intanto, la scuola maggiore maschile segna gli ultimi anni di vita fruttuosa, poi il decadimento completo con i locali superiori già in sfacelo. In effetti, nel 1950 la scuola maggiore chiude i battenti; tre anni più tardi, sul «Giornale del Popolo», si poteva leggere: «… i Comuni interessati o per cattiva volontà o spaventati dall’onere finanziario ritenuto sproporzionato all’utile proprio, o per l’una e l’altra insieme, lasciarono che il fabbricato si riducesse a non poter più ospitare neppure la piccola scuola del villaggio… cent’anni sono troppo pochi perché si possa rassegnarsi a morire. Sì, perché con la scuola maggiore di Curio, muore qualcosa di noi.». Nel 1959, sull’ «Almanacco malcantonese e della Valle del Vedeggio», se ne riparla:«… la scuola maggiore di Curio però rimarrà ancora decenni a gridare dalle sue infrollite mura l’ignavia degli uomini…». Finalmente, il 10 settembre 1964 «i convenuti sono tutti d’accordo affinché lo stabile sia riattato e adibito a favore di quegli enti culturali, economici e sociali che sostengono le tradizioni e gli interessi malcantonesi». L’ ottocentesca palazzina ha così trovato nell’Ente turistico malcantonese chi l’ha salvata da ingloriosa fine e dal 1985 è diventata sede del Museo del Malcantone.
Museo scolastico
Organizzato da suor Leonilla Cattori, docente della scuola femminile.
Scuola serale
Istituita nel 1857 e diretta dal parroco don Giovanni Guerino Greco, può essere considerata l’ antenata dei corsi per adulti. Una trentina gli iscritti con un’età variante fra i 15 e 50 anni. Le lezioni si tenevano dall’ 11 novembre al 20 febbraio per 3 ore serali, durante i giorni non festivi. Il programma prevedeva: «Lettura a sillabazione ed a senso; esercizio nelle quattro operazioni di aritmetica, semplici e con frazioni, con speciali applicazioni alle arti comuni fra noi, e nella calligrafia…».
Fondo scolastico
Permetteva la fornitura gratuita del materiale agli scolari delle scuole elementari. Fu istituito dal parroco don Carlo Visconti, con testamento olografo del 17 gennaio 1844. Disponeva di un capitale iniziale di 3000 Lire cantonali. La dote raggiunse la non indifferente somma di fr. 30.000, mediante la capitalizzazione degli interessi e degli avanzi annuali della gestione comunale. L’amministrazione comunale attinse in seguito da questo fondo cospicuo i mezzi per coprire spese destinate ad opere pubbliche, quali strade, innalzamento del portico, fontana, asilo, ecc.
Latteria sociale
È la prima ad essere fondata nel Cantone Ticino, su iniziativa del parroco don Carlo Zanotti, nel 1885 quale associazione di proprietari di mucche dei Comuni di Curio e Bedigliora con le relative frazioni sotto la denominazione «Latteria sociale di Curia e Bedigliora». Sede in località Rozzolo, sotto l’attuale Grotto Bivio; primo casaro Giuseppe Croci, onorato con il titolo «re dei casari ticinesi”. L’esempio fece scuola poiché più tardi si costituirono altre latterie ad Astano, Novaggio-Bedigliora (Selvatica), Sessa, Bedano, ecc. Nel 1890, visto il buon funzionamento e siccome i locali erano in affitto, si decide di costruire uno stabile nuovo in proprio. Nel 1952 è deciso lo scioglimento della società con la vendita dello stabile. Attualmente, il fabbricato è di proprietà di Osvaldo Guglielmoni, titolare di un’ azienda agricola con una quindicina di mucche, maiali e bestiame minuto.
Condotta ostetrica
Fondata il 1. gennaio 1872 dal dottor Pietro Avanzini. L’anno seguente; nel 1873, verrà inaugurato il primo ufficio telegrafico del Malcantone.
Cassa dei… cavalli
Nata per iniziativa del dott. Pietro Avanzini, che vi partecipa con un capitale di fr. 340, l’istituzione comincia – a partire dal 1855 – a fornire agli emigranti abituali del villaggio, «contro tenue retribuzione», il denaro necessario al viaggio che comunemente si chiamava «il cavallo».
La Farmacia sociale
Costituita il 19 marzo 1888 (per merito dell’avv. Giuseppe Avanzini) con un capitale di 6.000 franchi in 24 azioni nominative di fr. 250 ciascuna ed azionisti ripartiti nei Comuni di Curio, Monteggio, Mugena, Novaggio, Sessa, Pura, Bedigliora, Castelrotto, Breno, Neggio ed Astano. L’apertura ufficiale è il 1. luglio 1888. L’esperienza si conclude, dopo notevoli difficoltà economiche, nel maggio 1909.
Società di mutuo soccorso e Cassa malati
La Società cattolica malcantonese di mutuo soccorso è fondata nel 1896 da don Giuseppe Feregutti con l’intento di essere «nello stesso tempo carità e risparmi, soccorso e redenzione, indipendenza e solidarietà». Per le mutate circostanze, dopo un buon funzionamento, è sciolta nel 1952 unitamente alla Cassa malati ad essa aggregata. Istituzioni mosse da un profondo senso di umanità e di altruismo.
Diversi Legati
Nubende povere: fondato dal sacerdote don Giuseppe Pedrotta verso il 1870 a favore delle ragazze povere, che passavano a matrimonio. Poveri vecchi: fondato nel 1912 dal capitano Carlo Andina a favore dei vecchi. L’interesse di questo legato doveva essere distribuito la vigilia di Natale in parti uguali ai vecchi più bisognosi e poveri del Comune, qualunque fosse il loro numero. Poveri infermi: istituito in due periodi diversi da Giovanni Antonio Visconti nel 1875 e da Angelo Andina fu Pietro nel 1888. Chierici poveri: fondato dal dott. Pietro Avanzini nel 1891 per favorire le vocazioni allo stato ecclesiastico sia regolare che secolare» con un capitate iniziale di fr. 5.000, aumentato più tardi di altri fr. 500 donati da Carolina Andina.
Anche una banca
Curio ospitò, per molti anni (dal 1920 al 1945 circa), una rappresentanza della Banca Popolare di Lugano, diretta da Battista Corti.
L’acqua potabile
Nella convenzione sottoscritta dall’Assemblea comunale di Curio e da Giuseppe Avanzini, nel 1803, si legge fra altro: «…Il signor Avanzini s’obbliga far venire l’acqua sotto li Orti di Pietro Banchini, proveniente dalla Fontana ove nasce, e, condurla coperta con canale di pietra, di legno o di cotti, o come ecc., fino in faccia o dirimpetto al portico di campagna nell’istesso luogo ove esisteva altra volta la fontana. Qve partirà l’acqua da condursi come sopra si formerà una nicchia della larghezza di quattro braccia circa e della lunghezza di circa due braccia entro il muro del Banchini ecc. Sarà formata una fontana da rinchiudersi a cotti, o con pietra, informa che rinchiuda l’acqua a beneficio della Comune di Curio, nonché per la S. C. Bestie Bovine…». La fontana fu l’unica a servire il paese fino al 1908.
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Cittadini benemeriti ed emigranti
Anche questo paese, come d’altronde un po’ tutti i villaggi del Malcantone, ha conosciuto a lungo, e in maniera drammatica, il fenomeno dell’emigrazione. Per secoli interi. Nell’Ottocento, in particolare, si registra un’autentica emorragia demografica. A centinaia lasciano l’agricoltura per andare soprattutto in Italia, Francia, Algeria e nella Svizzera interna ad esercitare il mestiere del fornaciaio: è il caso di famiglie intere, come gli Andina, gli Avanzini, i Poncini, i Visconti, i Corti, ecc. Documenti dell’epoca raccontano di questa professione, abbastanza comune e fonte di benessere, al punto da arricchire diverse famiglie che diventano così proprietarie di ditte prosperose: gli Avanzini fu Costantino ad Einsiedeln, i Morandi fu Leonardo a Corcelles, ad Albens i Poncini, a Brignano Curone gli Avanzini fu Pio, nel Padovano e negli Abruzzi i Morandi fu Eugenio, nel Bergamasco i Valsangiacomo, nel Parmigiano gli Andina fu Michele, nel Bolognese gli Andina fu Pietro, nella regione di Genova gli Andina fu Guglielmo e i Notari fu Matteo. Curiesi, come tanti altri malcantonesi, impegnati a fare gli imbianchini, i decoratori, i camerieri, i gessatori, i muratori e – specialmente – i fornaciai.
Ma questa emigrazione aveva dietro di sé, come detto, secoli di fatiche e di stenti, lontani da casa per periodi più o meno lunghi. Difatti, come si legge nelle dense ed interessanti pagine di don Leonardo Tami ("Via par mond" e "L’emigrazione malcantonese"), sono molti quelli di Curio, che – con il loro lavoro e anche il loro talento – hanno offerto un contributo spesso prezioso e comunque significativo anche dal profilo artistico. Fra i molti si fanno vari nomi. Nel redigere questo elenco (certamente incompleto ma comunque ampio e indubbiamente emblematico) abbiamo fatto ricorso a parecchie fonti, soprattutto al libro «Curio e Bombinasco dagli albori» di Ernesto W. Alther e Ermanno Medici, che in proposito è assai prodigo di informazioni (con decine e decine di dense, significative pagine), nonché a «Le maestranze artistiche malcantonesi in Russia dal XVII al XX secolo» (Octavo Franco Cantini editore, 1994, a cura del Museo del Malcantone).
Andina Carlo. Capitano. Cavaliere d’Italia, fondatore del Legato dei vecchi e benefattore dell’asilo infantile. Coprì anche la carica di vice-presidente della Banca di Parma. Per quanto riguarda sempre questo casato, citiamo la maestra Emilia Andina vissuta tra il 1892 e il 1989 (vedi testo a parte), il pittore Claudio Andina (1843-1925), il liutaio e violinista Francesco Andina, il flautista Ottorino Andinadell’Orchestra di Winterthur e della Tonhalle di Zurigo.
Avanzini Federico. Detto «Bareta», scultore. Dopo la morte della madre il suo tutore lo affidò, nell’aprile 1528, a Giovanni Antonio Avanzini, figlio di Martino, perché lo istruisse nell’arte dello scalpello. Il contratto di tirocinio fu concluso per la durata di 4 anni. A quel tempo l’ apprendista non era ancora quattordicenne.
Avanzini Giovanni Antonio. Figlio di Martino q. Michele, scultore. Nel 1528 si impegnò contrattualmente ad insegnare la scultura al giovane Federico Avanzini, tenendolo con sé per quattro anni.
Avanzini Giovanni Pietro. Scultore, figlio di Antonio. Nel 1520 si recò in Toscana, dopo aver concluso un contratto di lavoro con Giacomo Beloto, pure di Curio, mediante il quale si obbligava a lavorare per lui in Toscana durante tre anni e mezzo.
Avanzini Giuseppe. Nato a Curio il 5 maggio 1754, emigrò in America forse già prima del 1780. Nel 1790 lo troviamo a Potosì, in Bolivia, in qualità di medico e chirurgo di un battaglione spagnolo. Trasferitosi ad Arequipa, in Perù, si distinse per lo zelo e la dedizione, ma poi osteggiato da medici locali – nel 1803 fece ritorno in patria, morendo nel 1814 e lasciando cinque figli.
Avanzini Pietro Antonio, fratello di Giuseppe, nato nel 1756, commerciante di pelli e di mobili a Buenos Aires. Morì, probabilmente, nel 1809 sull’isola S. Croce di Tenerife.
Avanzini Pietro. Dottore. Nato il 26 giugno 1807. Studi nel collegio Gallio di Corno e laurea in medicina nell’ ateneo pavese. Visse beneficando. Contribuì alla fondazione del Collegio S. Giuseppe a Locarno, istituto che ebbe – ai suoi tempi – notevole fama. La scuola maggiore di Curio fu in buona parte dovuta alla sua iniziativa e alla sua generosità. Sostenitore convinto della stampa conservatrice, nel 1888 accettò la carica di deputato al Gran Consiglio, morendo il 23 febbraio 1891 dopo essere stato guida dell’ amministrazione comunale per oltre cinquant’ anni. I vescovi ticinesi si tramandano, come perpetuo omaggio, una magnifica tabacchiera d’oro massiccio finemente cesellata che il dott. Pietro Avanzini consegnò a mons. Eugenio Lachat, piena di sterline fiammanti, l’indomani della sua presa in possesso della diocesi di Lugano.
Avanzini Achille (1843-1890). Nato a Bombinasco, la madre era una Trezzini di Astano. Laureato in lettere a Torino. Insegnante al ginnasio di Mendrisio, direttore dei corsi cantonali di metodo dal 1869 al 1872 e, nel 1873, direttore della nuova Scuola normale di Pollegio. Nel 1877 trasferito al Liceo. Scrisse la memoria «Francesco Soave e la sua scuola» (1881), premiato con una medaglia d’oro dall’ Associazione pedagogica italiana. Per le sue idee politiche venne licenziato nel 1889. Morì ad Astano nel 1890.
In tempi a noi più recenti, è importante segnalare soprattutto
Avanzini Pietro, nato nel 1889 (dall’avv. Giuseppe, figlio del dr. Pietro e Mascinka Visconti, e da Antonietta Visconti, figlia del dr. Carlo e Caterina Paleari) e deceduto nel 1973 sulla strada, a pochi chilometri da Firenze, in seguito ad un incidente stradale per una caduta dalla «Vespa». I funerali si svolsero il 4 luglio 1973 e il testamento disponeva: «la mia casa col suo contenuto e la mia proprietà fondiaria è lasciata al Comune di Curio». In effetti, non si può parlare del Comune di Curio senza ricordare questa grande figura di filantropo e benefattore del paese, grazie non da ultimo all’agiatezza di cui disponeva, avendo una fornace a Montesilvano, negli Abruzzi. Pietro Avanzini è però anche da ricordare – oltre che sportivo, soprattutto in competizioni ciclistiche, con parecchie vittorie in Toscana, senza comunque dimenticare le sue prestazioni nel nuoto, come podista e aviatore – non soltanto come intellettuale (studi di filosofia all’Università di Friborgo) ma pure come artista, avendo frequentato l’Accademia d’arte a Firenze ed essendo venuto a contatto (nel famoso «Caffé delle giubbe rosse») con Marinetti, Boccioni, Soffici e Carrà, nonché scrittori come Campana, Prezzolini e Papini. Quando faceva ritorno a Curio, amava ritrarre soprattutto la gente, immortalando a carboncino sul foglio o a olio sulla tela volti appartenenti per lo più al mondo rurale al quale si sentiva molto legato. I suoi ritratti, fra i quali figurano anche alcuni autoritratti, sono caratterizzati da tratti delicati ed essenziali, che riescono anche a delineare il carattere e lo stato d’animo dei soggetti, o quantomeno a farli intuire sottintendendo nell’artista anche una ricerca psicologica e di contenuto oltre che di pura forma.
Beloto Giacomo. Figlio di Giovanni qd. Martinolo; scultore. Nel 1920 stipulò con il maestro Giovanni Pietro Avanzini un contratto mediante il quale si obbligava di lavorare per lui in Toscana, durante tre anni e mezzo.
Cittadino onorario di Curio è l’olandese Bernardo Bielders, marito di Giuditta Bielders nata Visconti. I coniugi Bielders-Visconti sono ricordati come benefattori dell’ asilo infantile.
Nella piccola terra di Bombinasco ebbe i natali lo scultore Eugenio Morandi, che visse lungo tempo a Ginevra e nelle principali città della Francia, collaborando segnatamente all’ erezione del monumento al duca di Brunswick. Morì nel 1891. A proposito di Morandi, occorre segnalare Léonard René Morandi (nella foto), nato nel 1914, figlio di Giovanni Costantino (1877-1933), premiato dall’ Accademia di architettura di Lione nel 1942; fondatore e presidente del Lion Club di Parigi-sud nel 1958; dal 1942 architetto urbanista a Parigi, partecipa alla ricostruzione della devastata Normandia; ha lavorato intensamente anche a Casablanca e ha edificato parecchi complessi residenziali a Parigi.
Il casato Notari
Grande importanza ha avuto, in questo Comune, anche il casato Notari, famiglia probabilmente proveniente dalla Castellanza di Sonvico, dove è menzionata fin dal XII e XIII secolo, ma figurante a Curio già nel 1600.
Don lacopo del Notaro fece parte del Capitolo collegiale di Agno ed è citato in documenti del 1312.
Durante la visita (1511) di mons. Ninguarda, vescovo di Corno, Antonio Del Notaro è parroco di Sessa.
Notaro Antonio. Nel 1612 fece parte, quale mastro stuccatore, della Compagnia di S. Anna a Torino, operando nel palazzo reale di quella città.
Notari Francisco (del Notaro). Con una maestranza di Curio attese alle fortificazioni di Rostov e nel 1672 eseguì i piani per la fortezza di S. Vladimiro.
Notari Antonio. Mastro costruttore, lavorò alle dipendenze di Domenico Trezzini a S. Pietroburgo nel XVIII secolo.
Notari Emilio. Membro del Gran Consiglio ticinese dal 1803 al 1817, salvo breve interruzione.
Notari Giovanni. Partecipò alla campagna di Russia del 1812 quale sergente del primo Reggimento svizzero al servizio di Napoleone.
Pedrotta Domenico (1731-1813). Architetto. Nel 1779 costruiva le chiese parrocchiali di Bubbio e di Cessole, in provincia di Alessandria.
Visconti Alessandro. Militò nell’ esercito russo prendendo parte alla campagna del Caucaso dal 1857 al 1859 come ufficiale dei Dragoni, meritandosi una medaglia d’argento e una croce al merito. L’imperatore Alessandro III lo nominò commendatore dell’Ordine di S. Anna e lo promosse a generale di brigata, ma la malattia lo condusse alla tomba nell’ancor giovane età di 49 anni.
Visconti Eugenio, figlio del sopracitato Alessandro, fu ammesso – in qualità di segretario – al Ministero degli affari esteri e dallo stesso Ministero fu inviato con importanti incarichi alle diverse ambasciate russe presso le Corti di Berlino, Vienna, Roma, Parigi e Londra. Fu decorato di vari Ordini cavallereschi.
Visconti Giovanni. Architetto e impresario valente. Ad Acqui, nel Monferrato, lasciò egregi lavori di arte. Morì, centenario, il 28 novembre 1875.
Visconti Placido (1754-1800). Architetto, nel 1784 anch’egli emigrante in Russia, a Gàtcina e a Pavlowsk, ha incarichi per nuove costruzioni. Nel 1794, in collaborazione con i figli Daniele e Domenico e con il nipote Santino, erige caserme, monumenti e ponti. Poi nel 1800 ritorna in patria con il figlio Pietro, che emigrò di nuovo in Russia nel 1801.
Visconti Davide Daniele. Architetto, si recò in Russia nel 1787 e trovò subito occupazione nella costruzione dei palazzi imperiali. Nel 1804 fece parte del Comitato per la costruzione della Borsa di S. Pietroburgo. Per questi ed altri importanti lavori, per volontà dell’ imperatore Alessandro I, fu insignito degli Ordini cavallereschi di S. Anna e di S. Vladimiro. In seguito, nel 1837, dall’imperatore Nicola I fu elevato con i suoi discendenti alla nobiltà dell’Impero russo. Proprietario di alcuni palazzi nella città di S. Pietroburgo, morì nel 1838.
Visconti Pietro Santo. Architetto, emigrò in Russia nel 1784. Esperto disegnatore, con il figlio Carlo-Domenico eseguì – per ordine dell’imperatore Paolo I – diversi edifici a Gàtcina e a Pavlowsk. Inoltre, costruì in altre città dell’impero moscovita – per incarico di privati – ponti, monumenti e fabbriche sontuose. Il ponte, innalzato nel parco di Pavlowsk, porta tuttora il nome di «ponte Visconti» (a proposito di ponti, anche in Piana Crixia, in valle Bormida, in Liguria, vi è un altro «ponte Visconti» ma di un altro costruttore di questo casato). Nel 1797, sempre con il figlio Carlo-Domenico, costruì a Gàtcina sei grandi caserme, denominate di Ingenburg. Per questi ed altri importanti lavori dall’imperatrice Caterina ricevette sontuosi regali.
Visconti Placido. Nipote del precedente, nacque a Curio nel 1827. Fu architetto, geometra e disegnatore valente. Eseguì molti lavori ferroviari sia in patria che all’estero. Amante della quiete, tornò al paese natio e ivi insegnò disegno nella Scuola maggiore per oltre un ventennio. Morì nel marzo 1900.
Visconti Alessandro. Figlio di Davide, entrò al servizio della Camera di finanza e del Ministero degli affari esteri. Ammesso alla Corte imperiale russa quale dignitario. In occasione del matrimonio del granduca ereditario Alessandro, ricevette in regalo un anello con diamanti del valore di 500 rubli e una tabacchiera del valore di 600 rubli. Dopo un servizio inappuntabile come consigliere di Corte, fu inviato a Parigi quale corriere incaricato per importanti messaggi e quindi promosso a commendatore dell’Ordine imperiale di S. Anna.
Visconti Carlo, dottore, studiò all’Università di Pisa. Fu medico di condotta a Stabio, in Vallemaggia e nel Malcantone. Amò il proprio paese ed ebbe fama di scrittore arguto.
Visconti Giovanni, fu ingegnere di circondario. A lui si devono gli studi di una ferrovia Stabio-Mendrisio, del primo progetto di funicolare della Madonna del Sasso e dell’impianto idroelettrico di Grindenwald. Morì nel 1903 appena quarantenne.
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“Vicinanza” e “Castellanza”
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Ma esisteva un castello?
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Tracce di un antico idioma
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Le mineralizzazioni nella regione
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Tre tombe antiche a Bombinasco
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9.
La peschiera lungo il fiume Tresa
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Quando fiorivano i… mulini
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A proposito di strade
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Per l’acqua fervore di realizzazioni
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Il primo impianto di depurazione
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Il bandito di Curio
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15.
Lunga e consolidata tradizione di fornaciai
Nel Bolognese, ad esempio, si sono distinti gli Andina, grazie all’intraprendenza di Pietro Andina (nato nel 1847), operando dapprima a Casaleggio Boiro (provincia di Alessandria) e poi (dal 1900) a Zola Predosa (Bologna), sino alla chiusura nel 1985 (sulla loro storia si veda, in particolare, un ampio servizio uscito in Italia, «Scuolaofficina» nel 1988 ma anche il libro «Curio e Bombinasco dagli albori»).
Poi arriva il «boom» dell’edilizia e la produzione aziendale viene sollecitata. Nel 1969 subentra, con Claude, ingegnere laureatosi al Politecnico federale di Losanna, la quarta generazione. Silvio Morandi muore a 93 anni, nel 1977. È riconosciuto come una personalità di primo piano nell’economia vodese. Il figlio e il nipote hanno assicurato continuità, informatizzando il settore, ma non perdendo le radici con Curio.
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16.
Un racconto su emigranti nella famiglia Avanzini
Fornaciaio il padre e fornaciaio il figlio
CORREVA L’ANNO 1870, E DONNA TEODORA ERA IN ATTESA. IL MARITO, IL SIGNOR AVANZINI, PREVENTIVAMENTE L’AVEVA AVVERTITA: «SE SARÀ UN MASCHIO, LO CHIAMERÒ Lupo». MA PERCHÈ QUESTO NOME?, RIPRESE LA MOGLIE; NON CI SONO ALTRI BEI NOMI DI SANTI DA DARE AI NOSTRI BAMBINI? I SANTI STANNO IN PARADISO, SOGGIUNSE IL MARITO. E POI NON CI SONO FORSEA CURIO ALMENO TRE CHE SI CHIAMANO LEONE? PERCHÉ NON CI POTREBBE STARE ANCHE UN Lupo? DEL RESTO, LO STEMMA DI CURIO PORTA LA TESTA DI UN LUPO ED È UN BEL SIMBOLO PER TUTTI I CURIESI.IL MOMENTO RICHIEDEVA CALMA E DONNA TEODORA NON AGGIUNSE ALTRO, RICORDANDO ANCHE LE PAROLE UDITE NELLA MESSA DEL MATRIMONIO: «LA MOGLIE SIA SOTTOMESSA AL MARITO».
Venne il giorno genetliaco. E fu un maschio. Immaginate la gioia, l’esultanza del signor Avanzini, felice perché la generazione della sua parentela era assicurata. Quel giorno, il signor Avanzini pagò da bere a tutti i «maestrani» del paese all’ osteria di Piazza Grande. Poi venne il giorno del battesimo. Il corteo si mosse da casa Avanzini verso la chiesa di S. Pietro. Alla portà del tempio don Greco iniziò la cerimonia. «Che nome date al vostro bambino?».
Prontamente, il padre disse: «Lupo». Il curato rimase allibito, interdetto. «Come, Lupo?», osò dire. «Sì, Lupo», ripetè il padre. «Ma non ci sono altri nomi di santi?», soggiunse don Greco. «E dalli coi santi!», disse ancora l’Avanzini. Perchè la cosa non degenerasse, il curato prospettò: «Ebbene, lo chiameremo Lupo-Agnello». «Signor curato, scherziamo?», intervenne il padre.
«Non siamo più al tempo delle fiabe del lupo e dell’agnello». E concluse: «Bè, bè, aggiunga pure il nome che vuole, ma il mio bambino lo chiamerò Lupo». E così il Lupo fu battezzato. Lupo crebbe bello, forte, sano. Era la gioia della casa Avanzini. E poiché fornaciaio era il padre, fornaciaio fu anche il figlio. Laggiù a Pontecurone, in provincia di Alessandria, gli Avanzini avevano una fornace per la lavorazione dei laterizi. Un’impresa che, con l’andare degli anni, si era sempre più ampliata con un bel numero di trenta operai, tutti del Malcantone. All’ età di 25 anni, il nostro Lupo decise di prender moglie e già aveva messo gli occhi su un’avvenente giovinetta di Pontecurone. Il padre osò intervenire con il noto proverbio: «Mogli e buoi dei paesi tuoi». Ma Lupo era ormai innamorato di Lavinia e il matrimonio fu fatto. Anzi, gli sposi decisero di metter casa laggiù, per evitare gli spostamenti di stagione, come facevano i nostri «maestrani». La casa non tardò ad essere allietata da un fiocco azzurro, un bel pupo che assomigliava al nonno; per rimanere in famiglia ebbe nome Leone.
L’impresa, grazie anche all’intraprendenza di Lupo, andava ognor più sviluppandosi. Onde, si trattò di erigere una nuova fornace, con relativo camino. Il nuovo aereo edificio era un affare di impegno. L’artista, il Lupo, aveva prestato tutta l’attenzione, non solo assistendo e dirigendo i lavoratori, ma ancor lavorando egli stesso. Non lasciava mai l’opera un solo momento: tutto il lavoro doveva progredire sotto i suoi occhi e con la sua cooperazione. L’opera era ormai giunta al suo termine. Il nuovo camino si slanciava nell’aria sopra l’abitato fino a sessanta metri. La mattina del giorno in cui dovevasi festeggiare il compimento dell’impresa, il ferragosto come si suol dire, il piccolo Leone, il vispo ragazzino di Lupo, stava aspettando la colazione da recare al papà sul luogo del lavoro.«Mamma, chiese il bambino, oggi papà finisce il camino?». «Sì caro, rispose la mamma, oggi leveranno i ponti. Ma, ogni volta che finisce uno di questi camini, mi sento stringere il cuore. Il papà, come capomastro, è l’ultimo a discendere. Si abbassano i ponti ed egli rimane su quella enorme altezza, da dove poi si cala con una corda. È una cosa che fa paura!». «Mamma, voglio esserci anch ‘io assieme alla gente in festa!». «Caro, se ogni cosa riesce bene, domani faremo festa: andremo a desinare fuori in campagna, presso il bosco». Il figliolo, fuor di sé dalla gioia, prese il paniere della colazione e con passo lesto si mosse alla volta del padre. Lavinia stette alquanto sulla porta, osservando il ragazzetto correre nella sua felicità. Ma tosto le si parò innanzi alla mente la calata dei ponti e il marito ultimo a discendere da quell’ altezza spaventosa. Rientrò in casa e si inginocchiò, facendo una breve preghiera a Dio. Leone consegnò al padre la colazione e poi rientrò a casa. Alle tre del pomeriggio corse di nuovo a vedere il camino: tutti i ponti erano smontati e gli uomini si adoperavano a sgombrare le ultime travi. Ma, alzando gli occhi, vide il padre suo, tutto solo sull’ enorme cima. Un brivido gli passò per le tenere membra. Vide il babbo guardarsi attorno, come per assicurarsi che tutto fosse in ordine, poi agitò nell’ aria il cappello e tutti gli uomini abbasso rispondergli con prolungate voci di gioia. Echeggiavano ancora le ultime grida di giubilo: quando, fra queste, si mischiò una voce che veniva dall’alto: con accento di dolore e di spavento si udì dalla cima il grido: «La corda, la corda!».
Gli uomini si guardarono l’un l’altro e si fecero smorti. La corda giaceva rotolata sul suolo, la corda che – prima di abbassare i ponti – avrebbe dovuto giungere sulla cima, onde il capomastro potesse con quella calarsi come si usa in simili lavori! La corda era stata dimenticata. Che fare? Compresi di dolore e di vergogna, gli operai stavano muti, pensando cosa sarebbe successo. Sull’angusto spazio di quella spaventevole cima, intanto, Lupo si muoveva e gli sembrava che l’altezza divenisse sempre maggiore. Vedeva la terra sempre più bassa e già cominciava la vista a farsi fosca. Intanto, il piccolo Leone era giunto a casa trafelante e smorto: a malapena poteva parlare per raccontare alla mamma ciò che stava accadendo. La brava donna si sentì mancare, alzò gli occhi al cielo, sospirò. In un lampo fu sul luogo del lavoro, dove già una gran folla era accorsa. Alcuni dicevano: «È impossibile che si sostenga a lungo: a momenti, lo si vedrà precipitare». Ma ecco giunge Lavinia: guarda in alto e poi, raccogliendo le mani sulla bocca per farsi meglio sentire, gridò: «Lupoooo, Lupooo! Ascolta quello che ti dico: stai calmo. Levati il pullover e pian piano disfalo: poi attacca un sassolino al filo e lascialo giù. Hai capito, Lupo?». Sembrava che il povero Lupo avesse perso la favella: con il capo fece cenno di sì. Si cavò quindi il pullover, ne disfece le maglie. Lavinia gridò ancora: «Ascolta, Lupo: lascia scendere il filo con attaccato il sassolino e tieni ben salda l’altra estremità». La donna, intanto, mandò a cercare nel negozio più vicino un rotolo di spago ben forte e resistente. Ora il sassolino cominciò a scendere con il filo del pullover; quando fu a portata di mano, ella staccò prudentemente il sassolino e al filo attaccò lo spago forte e resistente. Poi gridò al marito: «Ora tira su adagio adagio: quando ti arriva in mano lo spago,fermati». Facendo un gomitolo e tirando il filo, Lupo trasse in alto lo spago e, quando l’ebbe, fermò. Allora, la donna vi attaccò la corda e gridò: «Lupo, la corda è attaccata: tira adagio, che non ti scappi di mano». Così la corda salì e, quando Lupo l’ebbe in mano, riprese fiato e si sentì tutto rincuorato. Sulla cima del camino un apposito ferro era fissato: e a quell’uncino vi annodò ben bene il cappio della corda; quindi si concentrò. Afferrata la corda e raccomandandosi in cuore suo a Dio, si staccò dall’ alto e si dondolò nell’aria, scendendo lentamente. Allora fu generale il grido della folla: "È salvo!». Quando fu a terra, Lupo si trovò subito nelle braccia della moglie, esclamando:«Lavinia, tu mi hai salvato!". Ecco il soccorso che, in casi simili, può prestare il genio, la virtù di una donna.
don Leonardo Tami
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Bombinasco, enclave di Curio
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“Curio. Note di storia” e “Curio e Bombinasco dagli albori”
Nel 1993 (editore Armando Dadò di Locarno), ha visto la luce un volume di ben più consistente importanza, «Curio e Bombinasco dagli albori. La terra, la gente, il lavoro». Ne sono autori lo stesso don Ermanno Medici e Ernesto W. Alther. Una ricostruzione delle vicende anagrafiche delle famiglie curiesi attraverso 440 pagine, con illustrazioni degli alberi genealogici delle famiglie originarie del paese. L’opera, monumentale, si compone di tre parti principali: la terra in cui viene esaminato il terreno in relazione al cambiamento dei rapporti dopo l’abbandono delle superfici, un tempo sfruttate a scopo agricolo; la gente, ossia un capitolo incentrato sulla storia della chiesa, sulla scuola, sullo sviluppo demografico con relativo elenco delle famiglie e documentazione araldica; il lavoro, in cui viene analizzato il passaggio da una società agropastorale ed artigiana all’economia del terziario con tutta la complessa ed onerosa problematica che ne è conseguita. A questi due libri, ovviamente, anche noi abbiamo ripetutamente fatto capo per riprendere notizie di vario genere.
I VOLUMI POSSONO ESSERE ACQUISTATI PRESSO LA CANCELLERIA COMUNALE.
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Presentazione
- 01. Già nel lontano 1196...
- 02. In passato fervore di iniziative e grande spirito di solidarietà
- 03. Cittadini benemeriti ed emigranti
- 04. “Vicinanza” e “Castellanza”
- 05. Ma esisteva un castello?
- 06. Tracce di un antico idioma
- 07. Le mineralizzazioni nella regione
- 08. Tre tombe antiche a Bombinasco
- 09. La peschiera lungo il fiume Tresa
- 10. Quando fiorivano i… mulini
- 11. A proposito di strade
- 12. Per l’acqua fervore di realizzazioni
- 13. Il primo impianto di depurazione
- 14. Il bandito di Curio
- 15. Lunga e consolidata tradizione di fornaciai
- 16. Un racconto su emigranti nella famiglia Avanzini
- 17. Bombinasco, enclave di Curio
- 18. “Curio. Note di storia” e “Curio e Bombinasco dagli albori”
- 19. La famiglia Curio